IL TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA Riunito in camera di consiglio per deliberare in merito al procedimento di conversione della semidetenzione, instaurato ai sensi e per gli effetti del disposto dell'art. 66 della legge 24 novembre 1981, a carico di Gentili Pietro, nato il 20 febbraio 1957 in Ascoli Piceno, ivi residente in via L. Mercantini n. 45, attualmente in stato di liberta' per intervenuta espiazione della sanzione sostitutiva, gia' ristretto presso la casa circondariale di Ascoli Piceno, in espiazione della semidetenzione per mesi 6, siccome comminata, oltre alla pena pecuniaria di L. 150.000 di multa ed in sostituzione della pena detentiva della reclusione per pari durata, dalla sentenza n. 39/1991 reg. sent. pronunziata in data 15 marzo 1991 dal pretore di S. Benedetto del Tronto, il quale, in esito a concorde richiesta formulata dalle parti alla stregua del disposto degli artt. 444 e segg. del c.p.p., applicava le sanzioni surrichiamate in ordine a fattispecie contestata di concorso in furto aggravato (F.P.: 13 settembre 1991) (Organo dell'esecuzione: procura della Repubblica presso la pretura circondariale di Ascoli Piceno); Esaminata la sentenza pronunziata in data 15 marzo 1991 dal pre- tore di S. Benedetto del Tronto, con cui Gentili Pietro, meglio sopra qualificato, veniva condannato, in relazione a fattispecie di concorso in furto aggravato, alla pena detentiva di mesi 6 di reclusione, irrogata congiuntamente a quella pecuniaria di L. 150.000 di multa e sostituita, ai sensi e per gli effetti del disposto degli artt. 53 e segg. della legge 24 novembre 1981, n. 689, nell'ambito del medesimo provvedimento comminatorio, con la sanzione della semideterminazione per la durata di mesi sei; Letta l'ordinanza n. 2/1991 r.p.s.s., emessa in data 17 aprile 1991 dal magistrato di sorveglianza di Macerata, con cui venivano de- terminate le concrete modalita' esecutive della semidetenzione, individuando nella sezione per semiliberi della casa circondariale di Ascoli Piceno l'istituto di svolgimento dell'esecuzione della sanzione sostitutiva; Vista la nota n. 7/1991 r.e.s.s., con cui, in data 23 agosto 1991, il magistrato di sorveglianza di Macerata proponeva a questo tribunale, ai sensi e per gli effetti del disposto dell'art. 66 della legge 24 novembre 1981, n. 689, la conversione della restante parte della sopra richiamata sanzione sostitutiva nella pena detentiva a suo tempo sostituita, per inosservanza delle prescrizioni della semidetenzione; In esito all'odierna udienza, svoltasi nel rispetto delle formalita' di rito, ed a scioglimento della riserva nel corso della stessa formulata; Ascoltati il p.g. ed il difensore del condannato, che concludevano come da separato verbale; OSSERVA IN FATTO Arrestato in stato di flagranza del reato di concorso in furto aggravato in data 13 marzo 1991, Gentili Pietro, meglio qualificato in epigrafe, veniva tratto dinanzi al giudizio del pretore di S. Benedetto del Tronto ed, a seguito di concorde richiesta formulata dalle parti alla stregua del disposto degli artt. 444 e segg. del c.p.p., condannato alla pena di mesi sei di reclusione, comminata congiuntamente a quella pecuniaria di L. 150.000 di multa, e sostituita, ai sensi del disposto dell'art. 53 della legge 24 novembre 1981, n. 689, con la sanzione della semidetenzione per la durata corrispondente di mesi sei. In data 17 aprile 1991 il magistrato di sorveglianza di Macerata, divenuta irrevocabile la pronunzia di condanna, provvedeva a determinare le modalita' esecutive della semidetenzione, statuendo che la sanzione avesse esecuzione presso la sezione per semiliberi della casa circondariale di Ascoli Piceno e che il condannato fosse subietto, tra l'altro, all'obbligo di rientrare presso l'istituto di pena di assegnazione entro e non oltre le ore 20 di ogni giornata ed a quello di non uscirne prima delle ore 7. In data 20 aprile 1991 aveva inizio l'esecuzione della sanzione sostitutiva (v. fonogramma n. 698/91/M redatto in data 20 aprile 1991 dalla direzione della casa circondariale di Ascoli Piceno, fasc. esec. sanz. sost., in atti); gia' in data 25 maggio 1991 la direzione dell'istituto di pena di assegnazione del condannato segnalava che lo stesso aveva fatto rientro, nella stessa data, presso la sezione per semiliberi della casa circondariale summenzionata in ritardo rispetto all'orario prescritto: il Gentili, infatti, si presentava alla prefata sezione alle ore 20,20 anziche' alle ore 20, asserendo di non aver potuto comportarsi altrimenti a cagione di un guasto meccanico al mezzo (motorino) di locomozione, verificatosi durante il tragitto di ritorno verso l'istituto di pena. Alla stregua di quanto segnalato, il magistrato di sorveglianza di Macerata, in ottemperanza al dettato dell'art. 66 della legge 24 novembre 1981, n. 689, disponeva la trasmissione degli atti all'intestato tribunale di sorveglianza, accompagnandoli con proposta di conversione della sanzione (rectius: della restante parte della stessa) nella pena detentiva a suo tempo sostituita, id est in reclusione per una durata pari a quella della residua semidetenzione. Il presidente di questo collegio provvedeva, pertanto, all'istruttoria di rito, nel corso della quale perveniva ulteriore segnalazione del personale di polizia penitenziaria operante presso la casa circondariale di Ascoli Piceno, che provvedeva a notiziare la competente autorita' giudiziaria che il Gentili aveva nuovamente trasgredito alla prescrizione di rientro serale in istituto di pena, presentandosi, in data 20 giugno 1991, alla sezione per semiliberi della casa circondariale di Ascoli Piceno alle ore 20,10, anziche' alle ore 20 (v. rapporto disciplinare in data 20 giugno 1991, fascicolo esec. sanz. sost., in atti). Ancora, in data 3 luglio 1991 veniva elevato, in capo al prefato Gentili, nuovo rapporto disciplinare, relativo ad ulteriore violazione della prescrizione di rientro serale in istituto di pena: sotto tale data il condannato si presentava presso la summenzionata sezione per semiliberi alle ore 20,30 anziche' alle ore 20 (v. rapporto disciplinare in data 3 luglio 1991 redatto dal personale di polizia penitenziaria operante presso la casa circondariale di Ascoli Piceno, fascicolo esec. sanz. sost., in atti). Si provvedeva, altresi', all'acquisizione di informazioni della Polizia di Stato, la quale segnalava che nel corso dell'esecuzione della semidetenzione il Gentili era stato notato in compagnia di pregiudicati, che in data 15 maggio 1991 lo stesso veniva segnalato al prefetto di Ascoli Piceno ai sensi del dettato dell'art. 75 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, e che, infine, in data 28 giugno 1991 il semidetenuto era stato segnalato a piede libero dalla compagnia dei carabinieri di Ascoli Piceno alla locale procura della Repubblica presso la pretura circondariale, siccome indagato in relazione al reato di furto aggravato. Esperita l'istruttoria di rito, il presidente di questo collegio provvedeva a fissare, per la discussione della proposta di conversione della semidenzione, l'udienza del giorno 11 luglio 1991, nel corso della quale, in esito all'esposizione compiuta dal giudice relatore, l'interessato, personalmente comparso in virtu' di rituale notificazione dell'avviso di procedimento in camera di consiglio, instava per il mantenimento della sanzione sostitutiva, ribadendo che la prima delle trasgressioni all'orario di rientro in istituto di pena, siccome sopra individuata, era dovuta al guasto meccanico del mezzo di locomozione, verificatosi durante il tragitto verso la casa circondariale di Ascoli Piceno, ed asserendo che le altre violazioni contestate erano state rispettivamente cagionate, quella del 20 giugno 1991 dalla necessita' di dover attendere altro consimile semidetenuto, al quale accompagnarsi nel viaggio verso l'istituto di pena, e di aver dovuto far fronte all'inatteso ritardo del compagno, a motivo di esigenze lavorative di quest'ultimo, mentre la successiva, verificatasi in data 3 luglio 1991, dalla circostanza di aver fortuitamente perduto la coincidenza con il mezzo di trasporto pubblico (autobus) diretto all'istituto di pena: asseriva, a tal proposito, il Gentili di aver preavvisato, nella suddetta occasione, a mezzo del telefono, il personale di polizia penitenziaria della casa circondariale di Ascoli Piceno del ritardo che si sarebbe verificato. In esito alla discussione delle parti questo collegio decideva per la reiezione della proposta di conversione della sanzione sostitutiva e per il conseguente mantenimento della stessa (v. ordinanza n. 281/91 conv. sanz. sost. emessa in data 11 luglio 1991 dal tribunale di sorveglianza di Ancona, in fascicolo di esecuzione della sanzione sostitutiva, in atti). Successivamente, in data 14 agosto 1991 il Gentili violava nuovamente la prescrizione inerente l'orario di rientro serale in istituto di pena: sotto tale data, infatti, il condannato faceva rientro presso la sezione per semiliberi della casa circondariale di Ascoli Piceno alle ore 20,15 anziche' alle ore 20, siccome stabilito dall'ordinanza di determinazione delle modalita' esecutive della sanzione sostitutiva, senza, peraltro, saper o voler addurre giustificazioni di sorta (v. rapporto disciplinare redatto in data 14 agosto 1991 dagli appartenenti al corpo di polizia penitenziaria operante presso la casa circondariale di Ascoli Piceno, in fascicolo di esecuzione della sanzione sostitutiva, in atti). Il magistrato di sorveglianza di Macerata con nota n. 7/91 r.e.s.s., datata 23 agosto 1991, disponeva la trasmissione degli atti all'intestato collegio formulando nuova proposta di conversione della semidetenzione nella pena detentiva originaria ai sensi e per gli effetti del disposto dell'art. 66 della legge 24 novembre 1981, n. 689; successivamente,il Gentili si rendeva responsabile di una nuova trasgressione all'obbligo di rientro serale in istituto di pena: in data 27 agosto 1991, infatti, il condannato ritornava alla sezione per semiliberi della casa circondariale di Ascoli Piceno alle ore 20,15, adducendo, in questa occasione, giustificazioni fondate sull'intensita' del traffico incontrato sulla strada del ritorno (v. rapporto disciplinare redatto in data 27 agosto 1991 dal personale dal corpo di polizia penitenziaria operante presso la casa circondariale di Ascoli Piceno, in atti). Esperita l'istruttoria di rito, il presidente di questo collegio provvedeva a fissare per la discussione del procedimento di conversione della semidetenzione l'odierna udienza, nel frattempo, in virtu' del sopravvenire della data di scadenza dell'esecuzione della semidetenzione (stabilita per il 13 settembre 1991; v. fascicolo di esecuzione della sanzione sostitutiva, in atti) il Gentili veniva scarcerato. Nel corso dell'odierna udienza camerale, verificata la ritualita' delle notificazioni degli avvisi di procedimento di sorveglianza, in esito all'esposizione compiuta dal giudice relatore, p.g. e difensore dell'interessato concludevano come da separato verbale. Il tribunale di sorveglianza si riservava. CONSIDERA IN DIRITTO Sciogliendo la surrichiamata riserva, opina questo collegio che risulti pregiudiziale alla risoluzione della presente causa sollevare d'ufficio eccezione di illegittimita' costituzionale del disposto del primo comma dell'art. 66 della legge 24 novembre 1981, n. 689. Anzitutto, deve preliminarmente osservarsi come appaia condivisibile l'operato del magistrato di sorveglianza di Macerata, sotteso alla decisione di investire questo collegio della questione inerente la conversione della sanzione sostitutiva nella pena detentiva originaria, conseguente all'accertamento della trasgressione delle prescrizioni comportamentali consustanzianti il contenuto della sanzione stessa, piuttosto che la competente procura della Repubblica alla stregua del disposto dell'art. 83 della legge 24 novembre 1981, n. 689. Tale testo normativo, infatti, recita testualmente: "colui il quale viola, in tutto o in parte, gli obblighi impostigli con la sentenza pronunciata a norma dell'art. 77 e' punito con la reclusione da sei mesi a tre anni". Si pone, pertanto, il problema dell'applicabilita' di tale disciplina, stante l'intervenuta, espressa abrogazione dell'art. 77 della legge 24 novembre 1981, n. 689, da parte dell'art. 234 del d.lgs. 28 luglio 1989, n. 271, anche alle sentenze di patteggiamento (rectius: alle condanne all'esecuzione di sanzioni sostitutive conseguenti al patteggiamento) ex artt. 444 e segg. del c.p.p. del 1988. Ritiene questo collegio che la soluzione prospettata non possa trovare accoglimento: pongasi mente, infatti, alla considerazione che l'assenza di un'esplicita disciplina, nell'ambito della normativa codicistica, inerente alla violazione delle prescrizioni compartamentali costituenti il contenuto afflittivo delle sanzioni sostitutive, irrogate in esito ad accordo delle parti, alla stregua del disposto degli artt. 444 e segg. c.p.p., non puo' essere correttamente fronteggiata mediante il ricorso alla regolamentazione statuita dal prefato art. 83 della legge 24 novembre 1981, n. 689: tratterebbesi, invero, di ricorso ad analogia legis, la quale, nella concreta fattispecie, concernendo una norma incriminatrice (l'art. 83 della legge n. 689/1981 introduce nell'ordinamentogiuridico una nuova fattispecie criminosa), risulterebbe vietata dal precetto dell'art. 14 disp. prel. del c.c., in quanto concreta esplicazione di analogia in malam partem. Oltre tutto, opina questo collegio che, secondo le conclusioni di perspicua dottrina, nella fattispecie difettino i requisiti per far luogo all'ampliamento della sfera di operativita' del dettato dell'art. 83 della legge n. 689/1981 a seguito di interpretazione analogica: la fattispecie disciplinata dagli artt. 444 e segg. del c.p.p. del 1988, infatti, appare connotata da caratteristiche differenti rispetto a quella di cui all'art. 77 della legge n. 689/1981: quest'ultima, invero, offriva all'interprete la prefigurazione di un singolare istituto in cui, in esito alla declaratoria di estinzione del reato, veniva comminata una sanzione. Secondo la recenziore giurisprudenza di legittimita' " .. che la sentenza ex art. 77 sia di proscioglimento e non di condanna risulta in modo inequivoco dalla disciplina dell'istituto, oltre che dalla ratio di esso" (v. Cass., sez. unite, 23 novembre 1988, pres. Zucconi Galli Fonseca, est. Pioletti, p.m. Valeri, Ric. Primi, in Cass. pen., 1989, pagg. 971 e segg.). Viceversa la sentenza che irroga sanzioni in esito ad accordo delle parti, alla stregua del disposto degli artt. 444 e segg. del c.p.p., e' espressamente equiparata, salva diversa statuizione legislativa, ad una sentenza di condanna (art. 445, primo comma, ultima parte, del c.p.p.); ancora, aggiungasi che nell'irrogare la sanzione richiesta dalle parti il giudice, secondo quanto riconosciuto dalla stessa Consulta (v. Corte costituzionale 26 giugno-2 luglio 1990, n. 313, pres. Saja, rel. Gallo, in Gazzetta Ufficiale, prima serie speciale, 1990, n. 27, pagg. 9 e segg.), effettua " ... una importante partecipazione ( ..) all'indagine sulla responsabilita' ...", intesa ad un " ... accertamento diretto ad escludere che sussistano, acquisiti gli atti, elementi che negano la responsabilita' o la punibilita' ...", si' che " ... anche la decisione di cui all'art. 444 del proc. pen., quando non e' decisione di proscioglimento, non puo' prescindere dalle prove della responsabilita' ...". Donde desumesi che, laddove risultino violate le prescrizioni compartimentali consustanzianti il contenuto precettivo di sanzioni sostitutive comminate in esito a patteggiamento ex att. 444 e segg. del c.p.p., dovra' procedersi alla stregua del disposto dell'art. 66 della legge 24 novembre 1981, n. 689, ovverosia alla conversione della sanzione sostitutiva (rectius: della restante parte della stessa) nella pena detentiva sostitutiva. Cio' detto, appare d'uopo premettere all'esposizione delle motivazioni sottese all'apprezzamento di un fumus di illegittimita' costituzionale della normativa di disamina un breve esame del merito della fattispecie oggetto di valutazione, inteso all'apprezzamento della rilevanza della prospettanda questione di illegittimita' costituzionale. Non puo', invero, dubitarsi della materialita' e della riconducibilita' alla volontarieta' del Gentili della violazione alla prescrizione di rientro serale in istituto di pena, verificatasi in data 14 agosto 1991: circa l'elemento materiale fa piena fede del verificarsi dell'infrazione contestata il rapporto disciplinare redatto in data 14 agosto 1991 dal personale di polizia penitenziaria operante presso la casa circondariale di Ascoli Piceno (v. fascicolo di esecuzione della sanzione sostitutiva, in atti); lo stesso atto testimonia, altresi', della mala voluntas del condannato circa la violazione prefata: si rammenti, infatti, che il Gentili non seppe ovvero non volle fornire, al personale di polizia penitenziaria della casa circondariale di Ascoli Piceno, spiegazione alcuna circa la cagione del ritardo, ammontante a circa un quarto d'ora, nel rientro in istituto di pena (v. rapporto disciplinare in data 14 agosto 1991, gia' menzionato). Cio' stante, non puo' che concludersi di essere in presenza di una trasgressione agli obblighi di semidetenzione, tale, per la sua piena riconducibilita' alla volontarieta' dell'agente e per l'assenza di cause di non punibilita' ovvero di giustificazione, da dover comportare, alla stregua delle vigente legislazione, la conversione della restante parte della semidetenzione nella pena detentiva sostituita. Cio' detto, ai fini che ne occupano, risulta superfluo attardarsi anche nella trattazione del merito della contestata violazione all'obbligo di rientro serale verificatasi in data 27 agosto 1991. Recita testualmente l'art. 66, primo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689: "Quando e' violato anche solo una delle prescrizioni inerenti alla semidetenzione o alla liberta' controllata, la restante parte della pena si converte nella pena detentiva sostituita". Il tenore letterale della norma poc'anzi richiamata sembra istituire in capo alla magistratura di sorveglianza, competente, ai sensi del disposto del successivo terzo comma dell'art. 66 della legge n. 689/1981, alla valutazione inerente alla proposta di conversione, una discrezionalita' limitata esclusivamente al vaglio della sussistenza degli elementi di colpevolezza del condannato in relazione alla contestata trasgressione: e' vero, altresi', che, in epoca pregressa, si e' dibattuto circa la sussistenza di un piu' ampio potere discrezionale della magistratura di sorveglianza, tale da investire anche l' an della proposta conversione, con riferimento alla possibilita' di vagliare l'accertata violazione agli obblighi inerenti alla sanzione sostitutiva in relazione alla globalita' della condanna del condannato, onde verificare la possibilita' di non addivenire alla convenzione della sanzione sostitutiva (rectius, della restante parte della stessa) allorche', pur in presenza di una trasgressione al prescrizionale di comportamento, la condotta del condannato non si fosse presentata, nella sua globalita', incompatibile con l'ulteriore prosecuzione dell'esecuzione della sanzione sostitutiva. La questione nasce dalla dinamica del testo dell'art. 66 della legge n. 689/1981, il quale, al terzo comma, recita: "Il magistrato di sorveglianza trasmette gli atti alla sezione di sorveglianza (ora tribunale di sorveglianza), la quale, compiuti, ove occorra, sommari accertamenti, qualora ritenga doversi procedere alla conversione prevista dal primo comma, provvede con ordinanza ..": piu' precisamente, l'inciso " .. qualora ritenga doversi procedere alla conversione ..", unitamente alla considerazione inerente la mera eventualita' di accertamenti riguardanti le denunziate trasgressioni (" .. ove occorra .."), sembrerebbero confliggere con il draconiano tenore del primo comma dello stesso testo di legge in disamina, laddove e' predicata la conversione della sanzione sostitutiva "Quando e' violata anche solo una delle prescrizioni inerenti alla semidetenzione o alla liberta' controllata ..", ed indurrebbero a propendere per la sussistenza, in capo al competente tribunale di sorveglianza, di un potere discrezionale di valutazione. Orbene, ritiene questo collegio di poter accedere alle conclusioni enunziate da autorevole dottrina e da avveduta giurisprudenza di merito (v. sez. sorv. Milano, ord. n. 925/85 r.g., 8 ottobre 1985, pres. Maisto, est. Giacardi, cond. Bernasconi, inedita), secondo cui l'antinomia denunziata e' soltanto apparente e l'inciso summenzionato, rettamente inteso, non vale a fondare un potere di valutazione discrezionale del tribunale di sorveglianza in ordine alla possibilita' di non convertire la sanzione sostitutiva pur in presenza di violazioni, in se' stesse considerate compatibili con l'ulteriore prosecuzione della semidetenzione ovvero della liberta' controllata, bensi' ad individuare e delimitare la sfera cognitiva del tribunale di sorveglianza relativamente all'accertamento dell'elemento materiale, di quello psicologico della trasgressione contestata, nonche' della sussistenza di eventuali circostanze scriminanti del comportamento del condannato. Pertanto, laddove risultino accertati la commissione di una trasgressione da parte del condannato sottoposto all'esecuzione di una sanzione sostitutiva nonche' l'ascrivibilita' della stessa alla colpevole volonta' del predetto, la conversione dovrebbe conseguire automaticamente al vaglio giudiziale. Tale disciplina appare, secondo l'opinione di questo collegio, in contrasto con alcuni rilevanti principi costituzionali. L'impossibilita' di un esercizio di un'ampia sfera di discrezionalita', da parte della magistratura di sorveglianza, investente la rilevanza delle trasgressioni al contenuto precettivo delle sanzioni sostitutive, inflitte alla stregua del disposto degli artt. 53 e segg. della legge 24 novembre 1981, n. 689, l'assenza della potesta' di operare un giudizio di contemperamento tra la contestata violazione ed il carico afflittivo globale della sanzione sostitutiva, nonche' tra l'entita' della trasgressione e la condotta del condannato, unitariamente considerata, induce a concludere che la semidetenzione ovvero la liberta' controllata, irrogate in sede di cognizione alla stregua degli artt. 53 e seguenti della legge n. 689/1981, costituiscano un complesso sanzionatorio ispirato ad una mera tensione retributiva ovvero afflittiva, con obliterazione pressoche' totale di ogni valenza rieducativa. Il giudizio che pre- cede si rafforza alla luce della considerazione che, ai sensi e per gli effetti del disposto dell'art. 67 della legge 24 novembre 1981, n. 689, "l'affidamento in prova al servizio sociale e l'ammissione al regime di semiliberta' sono esclusi per il condannato in espiazione di pena detentiva per conversione effettuata ai sensi del primo comma dell'articolo precedente". Si rammenti, a tal proposito, che le sanzioni sostitutive, introdotte dal legislatore del 1981, dovevano assolvere alla funzione di ovviare agli inconvenienti che le pene detentive brevi, con il loro potenziale di stigmatizzazione e desocializzazione, costituente dato di comune e salda acquisizione tra gli studiosi di diritto penale, di diritto penitenziario e di criminologia, erano idonee a provocare. Se e' vero che il finalismo rieducativo non trova largo ambito di operativita' nel momento della scelta tra l'irrogazione di una pena detentiva e l'inflizione di una sanzione sostitutiva, come sostenuto da autorevole dottrina, non puo', peraltro, sottacersi dell'espresso disposto legislativo (art. 58, primo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689), secondo cui il giudice di cognizione, nella selezione tra diversi tipi di sanzione sostitutiva, " .. sceglie quella piu' idonea al reinserimento sociale del condannato" (chiaro indizio di una voluntas legis orientata nel senso di una personalizzazione della tipologia sanzionatoria in disamina, finalizzata al reinserimento sociale del reo). Ancora, si tenga conto della circostanza che la disciplina concreta della semidetenzione, sanzione de qua agitur nella fattispecie soggetta all'odierno vaglio di questo collegio, deve essere improntata a parametri operativi che tengano conto delle " .. comprovate esigenze di lavoro o di studio del condannato" (art. 55, primo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689). Il finalismo rieducativo non puo' non rivelarsi consustanziale anche alle sanzioni sostitutive di pene detentive brevi, che', altrimenti opinando, si giungerebbe a conclusioni ineludibilmente confliggenti con quanto statuito in epoca recente dalla stessa Consulta (v. Corte costituzionale 26 giugno-2 luglio 1990, n. 313, pres. Saja, rel. Gallo, in Gazzetta Ufficiale, prima serie speciale, 1990, n. 27, pagg. 9 e segg.), secondo cui il doveroso ossequio al principio di polifunzionalita' della pena, lato sensu intesa, non puo' condurre alla svalutazione del finalismo rieducativo in favore dello scopo retributivo ovvero di quello di prevenzione generale: " .. in uno Stato evoluto, la finalita' rieducativa non puo' essere ritenuta estranea alla illegittimazione e alla funzione stesse della pena". Viceversa, il rigido meccanismo della conversione di cui al primo comma dell'art. 66 della legge n. 689/1981, improntato a parametri di automaticita', appare consentaneo ad un principio di mera retribuzione, tale da porre in secondo piano il fine del reinserimento sociale del reo, sin quasi a pervenire ad una totale obliterazione dello stesso: la conversione nella pena sostituita, nell'ipotesi di violazione anche di una soltanto delle prescrizioni costituenti il contenuto precettivo della sanzione sostitutiva, non consente alla magistratura di sorveglianza un giudizio inteso ad una valutazione complessiva della condotta del condannato e, conseguentemente, osta all'apprezzamento di tutte le circostanze, le quali, al di fuori di quelle costituenti cause di non punibilita' ovvero di giustificazione, relativamente alla contestata trasgressione, consentirebbero, pur in presenza di un'accertata violazione, alla stregua delle anzidette considerazioni, di vagliare il comportamento del condannato siccome sostanzialmente compatibile con l'ulteriore prosecuzione dell'esecuzione della sanzione sostitutiva (semidetenzione ovvero liberta' controllata): tale conclusione induce, altresi', la considerazione inerente al maggior rigore valutativo che deve fungere da guida alla valutazione della magistratura di sorveglianza relativamente al procedimento di conversione delle sanzioni sostitutive rispetto a quello sotteso al giudizio inerente alla proposta di revoca delle misure alternative alla detenzione (affidamento in prova al servizio sociale, semiliberta', detenzione domiciliare), il quale prevede espressamente un'opera di vaglio intesa a scandagliare l'atteggiarsi comportamentale del condannato nel suo complesso, onde stabilirne la compatibilita' e la rispondenza agli intenti di risocializzazione. Il contrasto della disciplina prevista dal primo comma dell'art. 66 della legge 24 novembre 1981, n. 689, con il parametro costituzionale fornito dal terzo comma dell'art. 27 della Costituzione appare di tutta evidenza, laddove la normativa in disamina prevede un rigido automatismo nel procedimento di conversione della sanzione sostitutiva, nel senso di limitare la discrezionalita' valutativa del tribunale di sorveglianza al riscontro dell'elemento materiale e di quello psicologico della contestata violazione alla prescrizione di condotta, alla sussistenza di eventuali cause di non punibilita' e/o di giustificazione, impedendo, peraltro, di giudicare la rilevanza della trasgressione accertata in relazione al concreto carico afflittivo della sanzione irrogata ed alla complessiva condotta del condannato. La normativa di cui al prefato art. 66 della legge n. 689/1981 presenta, peraltro, a giudizio di questo collegio un ulteriore aspetto di incostituzionalita': si ponga mente al tenore letterale della norma richiamata, laddove e' espressamente sancito che "Quando e' violata anche solo una delle prescrizioni inerenti alla semidetenzione o alla liberta' controllata, la restante parte della pena si converte nella pena detentiva sostituita": il problema interpretativo posto dal disposto legislativo poc'anzi enunciato concerne il significato da attribuire all'espressione "la restante parte della pena" in relazione all'individuazione del dies a quo dal quale far decorrere l'efficacia della conversione. Torna utile, giunti a tal punto della trattazione, rammentare che questo stesso collegio ebbe gia' ad investire la Corte costituzionale di questione analoga, inerente al disposto di differente norma, id est dell'art. 108 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (ord. n. 492/89 Conv. M.S., 15 febbraio 1990, pres. Galassi, est. Semeraro, cond. De Santis): il predetto provvedimento muoveva dalla constatazione del manifestarsi di una duplicita' di orientamenti esegetici, affermati, in maniera confliggente, dalla Corte di cassazione, l'uno sostenente la necessita' di individuare il momento di decorrenza dell'efficacia della conversione di sanzioni sostitutive nel giorno di commissione della violazione comportamentale (con conseguente possibilita' di far retroagire l'efficacia della conversione suddetta nella fattispecie di pronunzia verificantesi allorche' l'esecuzione avesse gia' avuto termine; v. Cass., sezione sesta, 16 ottobre 1985, pres. Di Gennaro, rel. Aliano, cond. Degli Innocenti, in Cass. pen., 1987, m. 378, pagg. 565 e segg.), l'altro predicante l'opportunita' di ravvisare il termine di efficacia della conversione di sanzioni sostitutive nel momento di determinazione giudiziale della stessa (con conseguente impossibilita' di procedere a conversione nell'ipotesi in cui la pronunzia della magistratura di sorveglianza intervenga allorche' l'esecuzione della sanzione sostitutiva abbia gia' avuto termine; v. Cass., sezione prima, 19 febbraio 1987, n. 473, pres. Piccininni, rel. Pallara, ric. Cucinotta), al fine di denunziare il preteso contrasto di entrambi i suddetti orientamenti con vari parametri di riferimento costituzionale. La consulta si espresse dichiarando la manifesta infondatezza della sollevata questione di illegittimita' costituzionale (v. Corte costituzionale ord. 11 luglio-27 settembre 1990, n. 418, pres. Saja, rel. Dell'Andro) alla stregua della rilevazione dell'insussistenza del preteso contrasto interpretativo, constatando, invero, che il primo degli orientamenti esegetici sopra menzionati riguardava la conversione di sanzioni sostitutive inflitte ai sensi degli artt. 53 e segg. della legge n. 689/1981, siccome disciplinata dall'art. 66, primo comma, della stessa legge, mentre il secondo concerneva la conversione della liberta' controllata ovvero del lavoro sostitutivo comminati in conversione di pene pecuniarie insolute, alla stregua del dettato degli artt. 102 e segg. della legge n. 689/1981. Appare, pertanto, conseguenziale concludere che la prefata pronunzia della Consulta costituisca autorevolissimo avallo alla tesi secondo cui, nella fattispecie di conversione, conseguente a violazione delle prescrizioni comportamentali, delle sanzioni sostitutive irrogate direttamente dal giudice della cognizione, siccome disciplinata dal primo comma dell'art. 66 della legge 24 novembre 1981, n. 689, il momento di decorrenza degli effetti della conversione stessa deve essere individuato nel giorno di consumazione della trasgressione, si' che la parte restante della sanzione sostitutiva, convertenda nella pena detentiva sostituita, sara' individuabile in quella residuante al momento poc'anzi identificato, con l'ulteriore conseguenza che, laddove la conversione prefata si verifichi, in virtu' della brevita' della sanzione sostitutiva convertenda e del rispetto dei termini procedurali statuiti dal nuovo codice di procedura penale, allorquando l'esecuzione della sanzione stessa abbia gia' avuto termine, la conversione esplichera' efficacia retroattiva (v. Cass., sezione sesta, 16 ottobre 1985, gia' ricordata). Tale disciplina, invero, presenta, a giudizio di questo collegio, aspetti di illegittimita' costituzionale: l'orientamento esegetico sopra rammentato, infatti, sembra non farsi carico di una fondamentale questione, connessa in maniera conseguenzialmente logica all'enunziato stesso: quid juris, infatti, nel caso in cui il condannato, nell'intervallo temporale necessariamente intercorrente tra la data di verificazione della contestata violazione comportamentale e la data di definizione del conseguente procedimento di conversione della sanzione sostitutiva, continui a rispettare le prescrizioni inerenti alla semidetenzione ovvero alla liberta' controllata? Tale considerazione ripropone, con riferimento alla regolamentazione giuridica delle sanzioni sostitutive, la vexata quaestio della scomputabilita' dalla pena detentiva residua del periodo di utile assoggettamento al regime lato sensu "alternativo": problema gia' posto in relazione alla disciplina dell'affidamento in prova al servizio sociale e della liberazione condizionale e gia' risolto dalla Consulta con decisioni di contenuto conforme (v. Corte costituzionale 15-29 ottobre 1987, n. 343, pres. Andrioli, rel. Spagnoli, Giani; Corte costituzionale, 17-25 maggio 1989, n. 282, pres. Saja, rel. Dell'Andro, Lombardo). Orbene, ritiene questo collegio che, in particolar modo, le statuizioni contenute nella seconda delle surrichiamate pronunzie possano costituire valido parametro di riferimento al fine di vagliare la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale del disposto dell'art. 66, primo comma, della legge n. 689/1981: a tal proposito, infatti, appare opportuno specificare che autorevole dottrina ravvisa nella disciplina prefata la sanzione legislativa della natura prevalentemente (ove non esclusivamente) afflittiva delle sanzioni sostitutive irrogate, alla stregua del dettato degli artt. 53 e segg. della legge 24 novembre 1981, n. 689, dal giudice della cognizione. Cio' stante, si potrebbe essere indotti ad inferire il giudizio di conformita' alla normativa costituzionale dalla suddetta natura (le sanzioni sostitutive hanno carattere afflittivo, ergo e' costituzionalmente legittima la disciplina della conversione delle stesse, atta a rafforzare la predetta natura giuridica), con sostanziale inversione logica dei termini di un corretto ragionare giuridico: e' quanto la stessa Consulta, con perspicuo giudizio, ha chiaramente evitato, alla stregua di argomentate motivazioni, nella pronunzia n. 282/1989, relativa alla disciplina della revoca della liberazione condizionale. Piuttosto converra', anche nella fattispecie soggetta all'odierno vaglio di questo collegio, attenersi ad un giudizio inteso ad individuare, in concreto, la sostanza contenutistica delle sanzioni sostitutive, si' da commisurarne la disciplina ai parametri di legittimita' costituzionale. Orbene, cio' detto, non si puo' non convenire circa la conclusione che tanto la semidetenzione, quanto la liberta' controllata costituiscono, senza dubbio alcuno, limitazioni della liberta' personale del soggetto che alle stesse risulti sottoposto: il non tener in conto alcuno, nell'eventualita' di conversione delle suddette sanzioni, l'osservanza prestata dal condannato durante il lasso temporale intercorrente tra la data della contestata violazione e quella della definizione del procedimento di conversione integra una violazione del principio di proporzionalita' e di adeguatezza delle pene di cui all'art. 13 della Costituzione. La pena detentiva irrogata dal tribunale di sorveglianza, in sede di conversione, invero, costituirebbe sanzione aggiuntiva rispetto a quella originariamente giudicata adeguata al comportamento antigiuridico del condannato: tale duplicazione afflittiva confligge apertamente con le garanzie predisposte dal costituente a tutela della liberta' personale. Non ignora, peraltro, questo collegio l'opinione espressa, in materia, da autorevole dottrina, secondo cui i possibili inconvenienti derivanti, in termini di lesione del principio di proporzionalita' e di adeguatezza della sanzione penale, dall'orientamento esegetico de quo agitur possono essere fronteggiati mediante il ricorso al disposto dell'art. 57 della legge 24 novembre 1981, n. 689; recita, infatti, testualmente il primo comma della surrichiamata normativa: "Per ogni effetto giuridico la semidetenzione e la liberta' controllata si considerano come pena detentiva della specie corrispondente a quella della pena sostituita". Si sostiene, alla stregua dell'enunciata normativa, che, in sede di conversione della sanzione sostitutiva in pena detentiva sostituita, il tribunale di sorveglianza dovra' detrarre dalla durata della pena detentiva residua espianda l'eventuale periodo, successivo alla contestata violazione comportamentale, in cui il condannato si sia attenuto al rispetto del contenuto precettivo delle sanzioni sostitutive. Tale orientamento, invero, piu' che consegnare agli operatori del diritto un saldo strumento per la risoluzione della cennata quaestio juris non fa che spostare i termini della stessa: e' chiaro, infatti, che le sanzioni sostitutive, di cui agli artt. 53 e segg. della legge n. 689/1981 (fatta eccezione per la sanzione pecuniaria), onde poter essere equiparate alla pena detentiva sostituita necessitano di un pieno adempimento, da parte del condannato, delle prescrizioni alle stesse inerenti, donde desumesi che, anche in tali fattispecie, il giudizio della magistratura di sorveglianza e' vincolato entro i limiti di un rigido schematismo, dal quale risulta bandita la possibilita' dell'esercizio di qualsivoglia discrezionalita' concernente la condotta del condannato, nel suo complesso considerata: si aggiunga, a tal proposito, che la tesi sopra enunziata non vale a fornire decisi indirizzi operativi in relazione a tutti quei casi limite, in cui, ad una aperta violazione delle prescrizioni di semidetenzione ovvero di liberta' controllata, segue un comportamento del condannato non propriamente ne' pienamente inosservante, bensi' semplicemente intempestivo. Rebus sic stantibus, ritiene questo collegio che la disciplina introdotta dal primo comma dell'art. 66 della legge 24 novembre 1981, n. 689, laddove la stessa impone di convertire la sanzione sostitutiva, irrogata in sede di cognizione alla stregua del disposto degli artt. 53 e segg. della stessa legge, nell'eventualita' di violazione di anche soltanto una delle prescrizioni inerenti al contenuto precettivo della suddetta sanzione, nella restante parte della pena detentiva sostituita sia in contrasto con il principio di proporzionalita' e di adeguatezza della sanzione penale, di cui all'art. 13 della Costituzione, nella misura in cui risulta possibile, alla stregua dell'interpretazione fornita dalla giurisprudenza di legittimita', far decorrere retroattivamente l'efficacia della conversione prefata. Sia detto, incidenter tantum, che la prospettata questione di legittimita' costituzionale potrebbe, in teoria, essere superata, in via interpretativa, ricorrendo, in relazione alla conversione per inottemperanza alle prescrizioni comportamentali inerenti a sanzioni sostitutive irrogate in sede di cognizione, all'orientamento esegetico enunziato dalla suprema Corte in merito alle sanzioni (liberta' controllata, lavoro sostitutivo) comminate in sede di conversione di pene pecuniarie non pagate, id est tramite l'individuazione del momento di decorrenza dell'efficacia della conversione per inottemperanza nel giorno di definizione del procedimento inteso alla conversione stessa (v. Cass., sezione prima, 19 febbraio 1987, gia' citata): anche tale soluzione, tuttavia, presenterebbe, a giudizio di questo collegio profili di illegittimita' costituzionale, in quanto, nell'eventualita', come nella fattispecie concreta soggetta all'odierno vaglio di questo tribunale di sorveglianza, che, nelle more del procedimento inteso al vaglio della proposta di conversione, l'esecuzione della sanzione sostitutiva abbia termine, non rimarrebbe alcunche' da convertire, si' che potrebbero concretamente prospettarsi una lesione al principio di rieducazione del reo, di cui al terzo comma dell'art. 27 della Costituzione, conseguente all'evidente depotenziamento della carica specialpreventiva della sanzione sostitutiva (l'orientamento intepretativo in disamina, infatti, potrebbe tradursi, come autorevolmente prospettato, in una sorta di nulla osta al comportamento trasgressivo nel corso delle more del procedimento di conversione), nonche' un vulnus al principio di eguaglianza sostanziale, sancito dall'art. 3 della Costituzione, derivante dalla disparita' trattamentale inerente alla circostanza, tutt'affatto indipendente dalla volonta' del condannato, che la durata della sanzione sostitutiva sia tale da consentire la sussistenza di un residuo convertibile al momento della pronunzia del tribunale di sorveglianza: sia ribadito, peraltro, che in questa sede non si intende denunziare l'illegittimita' del disposto del primo comma dell'art. 66 della legge 24 novembre 1981, n. 689, anche in relazione ai poc'anzi richiamati parametri costituzionali, in conseguenza ed alla stregua della particolare corrente interpretativa enunciata dalla Corte di cassazione nella sentenza n. 473 del 19 febbraio 1987, sopra menzionata: questo collegio ha ben chiaro che l'indirizzo giurisprudenziale or ora richiamato trova applicazione, alla stregua dell'autorevolissimo avallo fornito dalla stessa Consulta tramite la succitata ordinanza n. 418/1990, soltanto nei confronti delle sanzioni (liberta' controllata, lavoro sostitutivo) applicate in sede di conversione di pene pecuniarie insolute e non in relazione alle sanzioni sostitutive irrogate direttamente in sede di cognizione ai sensi e per gli effetti della disciplina di cui agli artt. 53 e segg. della legge n. 689/1981; in riferimento alla conversione, a seguito di inottemperanza al contenuto precettivo di tali ultime sanzioni sostitutive, regolamentata dal primo comma dell'art. 66 della legge 24 novembre 1981, n. 689, trova applicazione, secondo l'orientamento fornito dalla Consulta nella surrichiamata ordinanza, la tesi enunziata dalla Corte di cassazione nella pronunzia resa in data 16 ottobre 1985, predicante la possibilita' di efficacia retroattiva della conversione prefata, la quale sola, in questa sede, viene denunziata di illegittimita' costituzionale, nel senso sopra richiamato; il riferimento alla contrapposta tesi enunziata dalla suprema Corte nel 1987, pertanto, assume carattere di mero obiter dictum, avente connotazione puramente digressiva ai fini di manifestare l'opinione di questo collegio circa l'impossibilita' di superare, in via interpretativa, l'impasse conseguente alla delibazione del fumus di illegittimita' costituzionale della normativa de qua agitur, alla stregua del consolidato indirizzo esegetico della giurisprudenza di legittimita'. Cio' detto in relazione alla non manifesta infondatezza delle sollevate questioni di legittimita' costituzionale, non appare opportuno dilungarsi oltre misura circa la rilevanza delle stesse nell'ambito del presente giudizio, sembrando palmare che dalla previa risoluzione delle stesse dipende in maniera conseguenzialmente logica l'esito del procedimento di conversione instaurato a carico di Gentili Pietro.