IL TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA
    Riunito  in  camera  di  consiglio  per  deliberare  in  merito al
 procedimento di conversione della semidetenzione, instaurato ai sensi
 e per gli effetti del disposto dell'art. 66 della legge  24  novembre
 1981,  a carico di Gentili Pietro, nato il 20 febbraio 1957 in Ascoli
 Piceno, ivi residente in via L.   Mercantini n.  45,  attualmente  in
 stato   di   liberta'   per  intervenuta  espiazione  della  sanzione
 sostitutiva, gia' ristretto presso la casa  circondariale  di  Ascoli
 Piceno,  in  espiazione  della  semidetenzione  per  mesi  6, siccome
 comminata, oltre alla pena pecuniaria di L. 150.000 di  multa  ed  in
 sostituzione  della  pena detentiva della reclusione per pari durata,
 dalla sentenza n.  39/1991 reg. sent. pronunziata in  data  15  marzo
 1991  dal  pretore  di  S. Benedetto del Tronto, il quale, in esito a
 concorde richiesta formulata dalle parti alla  stregua  del  disposto
 degli   artt.   444   e  segg.  del  c.p.p.,  applicava  le  sanzioni
 surrichiamate in ordine a fattispecie contestata di concorso in furto
 aggravato (F.P.: 13 settembre 1991) (Organo dell'esecuzione:  procura
 della Repubblica presso la pretura circondariale di Ascoli Piceno);
    Esaminata  la  sentenza pronunziata in data 15 marzo 1991 dal pre-
 tore di S. Benedetto del Tronto, con cui Gentili Pietro, meglio sopra
 qualificato,  veniva  condannato,  in  relazione  a  fattispecie   di
 concorso  in  furto  aggravato,  alla  pena  detentiva  di  mesi 6 di
 reclusione, irrogata congiuntamente a quella pecuniaria di L. 150.000
 di multa e sostituita, ai sensi e per gli effetti del disposto  degli
 artt.  53  e  segg. della legge 24 novembre 1981, n. 689, nell'ambito
 del  medesimo  provvedimento  comminatorio,  con  la  sanzione  della
 semideterminazione per la durata di mesi sei;
    Letta  l'ordinanza  n.  2/1991  r.p.s.s., emessa in data 17 aprile
 1991 dal magistrato di sorveglianza di Macerata, con cui venivano de-
 terminate  le  concrete  modalita'  esecutive  della  semidetenzione,
 individuando nella sezione per semiliberi della casa circondariale di
 Ascoli   Piceno   l'istituto  di  svolgimento  dell'esecuzione  della
 sanzione sostitutiva;
    Vista la nota n. 7/1991 r.e.s.s., con cui, in data 23 agosto 1991,
 il  magistrato  di  sorveglianza  di  Macerata  proponeva  a   questo
 tribunale, ai sensi e per gli effetti del disposto dell'art. 66 della
 legge  24  novembre 1981, n. 689, la conversione della restante parte
 della sopra richiamata sanzione sostitutiva nella  pena  detentiva  a
 suo  tempo  sostituita,  per  inosservanza  delle  prescrizioni della
 semidetenzione;
    In   esito   all'odierna  udienza,  svoltasi  nel  rispetto  delle
 formalita' di rito, ed a scioglimento della riserva nel  corso  della
 stessa formulata;
    Ascoltati il p.g. ed il difensore del condannato, che concludevano
 come da separato verbale;
                           OSSERVA IN FATTO
    Arrestato  in  stato  di  flagranza del reato di concorso in furto
 aggravato in data 13 marzo 1991, Gentili Pietro,  meglio  qualificato
 in  epigrafe,  veniva  tratto  dinanzi  al giudizio del pretore di S.
 Benedetto del Tronto ed, a seguito di  concorde  richiesta  formulata
 dalle  parti  alla  stregua  del disposto degli artt. 444 e segg. del
 c.p.p., condannato alla pena di mesi  sei  di  reclusione,  comminata
 congiuntamente  a  quella  pecuniaria  di  L.  150.000  di  multa,  e
 sostituita, ai  sensi  del  disposto  dell'art.  53  della  legge  24
 novembre  1981,  n.  689, con la sanzione della semidetenzione per la
 durata corrispondente  di  mesi  sei.  In  data  17  aprile  1991  il
 magistrato  di  sorveglianza  di  Macerata,  divenuta irrevocabile la
 pronunzia  di  condanna,  provvedeva  a  determinare   le   modalita'
 esecutive  della  semidetenzione,  statuendo  che  la sanzione avesse
 esecuzione presso la sezione per semiliberi della casa  circondariale
 di  Ascoli  Piceno  e  che il condannato fosse subietto, tra l'altro,
 all'obbligo di rientrare presso l'istituto di  pena  di  assegnazione
 entro  e  non  oltre  le  ore  20 di ogni giornata ed a quello di non
 uscirne prima delle ore 7.
    In data 20 aprile 1991 aveva inizio  l'esecuzione  della  sanzione
 sostitutiva (v. fonogramma n. 698/91/M redatto in data 20 aprile 1991
 dalla  direzione  della  casa  circondariale  di Ascoli Piceno, fasc.
 esec. sanz. sost., in atti); gia' in data 25 maggio 1991 la direzione
 dell'istituto di pena di assegnazione del condannato segnalava che lo
 stesso aveva fatto rientro, nella stessa data, presso la sezione  per
 semiliberi della casa circondariale summenzionata in ritardo rispetto
 all'orario  prescritto:  il  Gentili,  infatti,  si  presentava  alla
 prefata sezione alle ore 20,20 anziche' alle ore 20, asserendo di non
 aver potuto comportarsi altrimenti a cagione di un  guasto  meccanico
 al  mezzo (motorino) di locomozione, verificatosi durante il tragitto
 di ritorno  verso  l'istituto  di  pena.    Alla  stregua  di  quanto
 segnalato, il magistrato di sorveglianza di Macerata, in ottemperanza
 al  dettato  dell'art.  66  della  legge  24  novembre  1981, n. 689,
 disponeva la  trasmissione  degli  atti  all'intestato  tribunale  di
 sorveglianza,  accompagnandoli  con  proposta  di  conversione  della
 sanzione (rectius: della restante  parte  della  stessa)  nella  pena
 detentiva a suo tempo sostituita, id est in reclusione per una durata
 pari  a quella della residua semidetenzione.  Il presidente di questo
 collegio provvedeva, pertanto, all'istruttoria  di  rito,  nel  corso
 della quale perveniva ulteriore segnalazione del personale di polizia
 penitenziaria operante presso la casa circondariale di Ascoli Piceno,
 che provvedeva a notiziare la competente autorita' giudiziaria che il
 Gentili  aveva  nuovamente  trasgredito  alla prescrizione di rientro
 serale in istituto di pena, presentandosi, in data  20  giugno  1991,
 alla sezione per semiliberi della casa circondariale di Ascoli Piceno
 alle  ore  20,10,  anziche'  alle ore 20 (v. rapporto disciplinare in
 data 20 giugno 1991, fascicolo esec. sanz. sost., in  atti).  Ancora,
 in  data  3  luglio  1991 veniva elevato, in capo al prefato Gentili,
 nuovo rapporto disciplinare, relativo ad ulteriore  violazione  della
 prescrizione  di  rientro serale in istituto di pena: sotto tale data
 il  condannato  si  presentava  presso  la  summenzionata sezione per
 semiliberi  alle  ore  20,30  anziche'  alle  ore  20  (v.   rapporto
 disciplinare  in  data 3 luglio 1991 redatto dal personale di polizia
 penitenziaria operante presso la casa circondariale di Ascoli Piceno,
 fascicolo esec. sanz.  sost.,  in  atti).  Si  provvedeva,  altresi',
 all'acquisizione  di  informazioni  della  Polizia di Stato, la quale
 segnalava che  nel  corso  dell'esecuzione  della  semidetenzione  il
 Gentili era stato notato in compagnia di pregiudicati, che in data 15
 maggio  1991  lo stesso veniva segnalato al prefetto di Ascoli Piceno
 ai sensi del dettato dell'art. 75 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n.  309,
 e  che,  infine,  in  data  28  giugno 1991 il semidetenuto era stato
 segnalato a piede libero dalla compagnia dei  carabinieri  di  Ascoli
 Piceno  alla  locale  procura  della  Repubblica  presso  la  pretura
 circondariale, siccome  indagato  in  relazione  al  reato  di  furto
 aggravato.
    Esperita  l'istruttoria  di rito, il presidente di questo collegio
 provvedeva  a  fissare,  per  la  discussione   della   proposta   di
 conversione  della semidenzione, l'udienza del giorno 11 luglio 1991,
 nel corso della quale, in esito all'esposizione compiuta dal  giudice
 relatore,  l'interessato, personalmente comparso in virtu' di rituale
 notificazione dell'avviso di procedimento  in  camera  di  consiglio,
 instava per il mantenimento della sanzione sostitutiva, ribadendo che
 la  prima  delle  trasgressioni  all'orario di rientro in istituto di
 pena, siccome sopra individuata, era dovuta al guasto  meccanico  del
 mezzo  di locomozione, verificatosi durante il tragitto verso la casa
 circondariale di Ascoli Piceno, ed asserendo che le altre  violazioni
 contestate  erano  state  rispettivamente  cagionate,  quella  del 20
 giugno 1991 dalla  necessita'  di  dover  attendere  altro  consimile
 semidetenuto,  al quale accompagnarsi nel viaggio verso l'istituto di
 pena, e di aver dovuto far fronte all'inatteso ritardo del  compagno,
 a   motivo   di   esigenze  lavorative  di  quest'ultimo,  mentre  la
 successiva, verificatasi in data 3 luglio 1991, dalla circostanza  di
 aver  fortuitamente  perduto la coincidenza con il mezzo di trasporto
 pubblico (autobus) diretto all'istituto  di  pena:  asseriva,  a  tal
 proposito,  il Gentili di aver preavvisato, nella suddetta occasione,
 a mezzo del telefono, il personale  di  polizia  penitenziaria  della
 casa  circondariale  di  Ascoli  Piceno  del  ritardo  che si sarebbe
 verificato. In esito alla discussione  delle  parti  questo  collegio
 decideva  per  la  reiezione  della  proposta  di  conversione  della
 sanzione sostitutiva e per il conseguente mantenimento  della  stessa
 (v.  ordinanza  n.  281/91 conv. sanz. sost. emessa in data 11 luglio
 1991 dal  tribunale  di  sorveglianza  di  Ancona,  in  fascicolo  di
 esecuzione della sanzione sostitutiva, in atti).
    Successivamente,  in  data  14  agosto  1991  il  Gentili  violava
 nuovamente la prescrizione inerente l'orario  di  rientro  serale  in
 istituto  di  pena:  sotto  tale  data, infatti, il condannato faceva
 rientro presso la sezione per semiliberi della casa circondariale  di
 Ascoli  Piceno alle ore 20,15 anziche' alle ore 20, siccome stabilito
 dall'ordinanza di  determinazione  delle  modalita'  esecutive  della
 sanzione   sostitutiva,   senza,  peraltro,  saper  o  voler  addurre
 giustificazioni di sorta (v. rapporto disciplinare redatto in data 14
 agosto 1991 dagli appartenenti  al  corpo  di  polizia  penitenziaria
 operante  presso la casa circondariale di Ascoli Piceno, in fascicolo
 di esecuzione della sanzione sostitutiva, in atti). Il magistrato  di
 sorveglianza  di Macerata con nota n. 7/91 r.e.s.s., datata 23 agosto
 1991, disponeva la trasmissione  degli  atti  all'intestato  collegio
 formulando  nuova  proposta di conversione della semidetenzione nella
 pena detentiva originaria ai sensi e per  gli  effetti  del  disposto
 dell'art. 66 della legge 24 novembre 1981, n. 689; successivamente,il
 Gentili   si   rendeva   responsabile   di  una  nuova  trasgressione
 all'obbligo di rientro serale in istituto di pena: in data 27  agosto
 1991,  infatti,  il  condannato ritornava alla sezione per semiliberi
 della casa circondariale di Ascoli Piceno alle ore 20,15,  adducendo,
 in  questa  occasione,  giustificazioni  fondate  sull'intensita' del
 traffico  incontrato  sulla   strada   del   ritorno   (v.   rapporto
 disciplinare  redatto  in data 27 agosto 1991 dal personale dal corpo
 di polizia penitenziaria operante presso  la  casa  circondariale  di
 Ascoli Piceno, in atti).
    Esperita  l'istruttoria  di rito, il presidente di questo collegio
 provvedeva  a  fissare  per  la  discussione  del   procedimento   di
 conversione della semidetenzione l'odierna udienza, nel frattempo, in
 virtu'  del sopravvenire della data di scadenza dell'esecuzione della
 semidetenzione (stabilita per il 13 settembre 1991; v.  fascicolo  di
 esecuzione  della  sanzione  sostitutiva,  in atti) il Gentili veniva
 scarcerato. Nel corso dell'odierna udienza  camerale,  verificata  la
 ritualita'  delle  notificazioni  degli  avvisi  di  procedimento  di
 sorveglianza, in esito all'esposizione compiuta dal giudice relatore,
 p.g. e  difensore  dell'interessato  concludevano  come  da  separato
 verbale. Il tribunale di sorveglianza si riservava.
                         CONSIDERA IN DIRITTO
    Sciogliendo  la  surrichiamata  riserva, opina questo collegio che
 risulti pregiudiziale alla risoluzione della presente causa sollevare
 d'ufficio eccezione di illegittimita' costituzionale del disposto del
 primo comma dell'art. 66 della legge 24 novembre 1981, n. 689.
    Anzitutto,   deve   preliminarmente   osservarsi    come    appaia
 condivisibile  l'operato  del magistrato di sorveglianza di Macerata,
 sotteso alla decisione di investire questo collegio  della  questione
 inerente   la  conversione  della  sanzione  sostitutiva  nella  pena
 detentiva    originaria,    conseguente    all'accertamento     della
 trasgressione  delle  prescrizioni comportamentali consustanzianti il
 contenuto della sanzione stessa, piuttosto che la competente  procura
 della  Repubblica  alla stregua del disposto dell'art. 83 della legge
 24 novembre 1981, n.  689.  Tale  testo  normativo,  infatti,  recita
 testualmente:  "colui  il  quale  viola,  in  tutto  o  in parte, gli
 obblighi impostigli con la sentenza pronunciata a norma dell'art.  77
 e'  punito  con  la  reclusione  da  sei  mesi  a tre anni". Si pone,
 pertanto, il problema dell'applicabilita' di tale disciplina,  stante
 l'intervenuta,  espressa  abrogazione  dell'art.  77  della  legge 24
 novembre 1981, n. 689, da parte dell'art. 234 del  d.lgs.  28  luglio
 1989,  n.  271,  anche alle sentenze di patteggiamento (rectius: alle
 condanne  all'esecuzione  di  sanzioni  sostitutive  conseguenti   al
 patteggiamento)  ex  artt.  444  e segg. del c.p.p. del 1988. Ritiene
 questo collegio  che  la  soluzione  prospettata  non  possa  trovare
 accoglimento:   pongasi   mente,  infatti,  alla  considerazione  che
 l'assenza di un'esplicita  disciplina,  nell'ambito  della  normativa
 codicistica,    inerente    alla    violazione   delle   prescrizioni
 compartamentali costituenti il contenuto  afflittivo  delle  sanzioni
 sostitutive,  irrogate  in esito ad accordo delle parti, alla stregua
 del  disposto  degli  artt.  444  e  segg.  c.p.p.,  non  puo' essere
 correttamente fronteggiata mediante il ricorso alla  regolamentazione
 statuita  dal  prefato  art. 83 della legge 24 novembre 1981, n. 689:
 tratterebbesi, invero, di ricorso ad analogia legis, la quale,  nella
 concreta fattispecie, concernendo una norma incriminatrice (l'art. 83
 della legge n. 689/1981 introduce nell'ordinamentogiuridico una nuova
 fattispecie  criminosa),  risulterebbe vietata dal precetto dell'art.
 14 disp.  prel. del c.c., in quanto concreta esplicazione di analogia
 in malam partem. Oltre tutto, opina questo collegio che,  secondo  le
 conclusioni  di  perspicua  dottrina,  nella  fattispecie difettino i
 requisiti per far luogo all'ampliamento della sfera  di  operativita'
 del  dettato  dell'art.  83  della  legge  n.  689/1981  a seguito di
 interpretazione analogica: la fattispecie  disciplinata  dagli  artt.
 444  e  segg.  del  c.p.p.  del  1988,  infatti,  appare connotata da
 caratteristiche differenti rispetto a quella di cui all'art. 77 della
 legge n. 689/1981: quest'ultima, invero,  offriva  all'interprete  la
 prefigurazione  di  un  singolare  istituto  in  cui,  in  esito alla
 declaratoria di estinzione del reato, veniva comminata una  sanzione.
 Secondo  la  recenziore  giurisprudenza  di  legittimita' " .. che la
 sentenza ex art. 77 sia di proscioglimento e non di condanna  risulta
 in  modo  inequivoco  dalla disciplina dell'istituto, oltre che dalla
 ratio di esso" (v. Cass., sez. unite, 23 novembre 1988, pres. Zucconi
 Galli Fonseca, est. Pioletti, p.m. Valeri, Ric. Primi, in Cass. pen.,
 1989, pagg. 971 e segg.).
    Viceversa la sentenza che irroga  sanzioni  in  esito  ad  accordo
 delle  parti,  alla  stregua del disposto degli artt. 444 e segg. del
 c.p.p.,  e'  espressamente  equiparata,  salva  diversa   statuizione
 legislativa,  ad  una  sentenza  di  condanna (art. 445, primo comma,
 ultima parte, del c.p.p.); ancora, aggiungasi  che  nell'irrogare  la
 sanzione   richiesta   dalle   parti   il   giudice,  secondo  quanto
 riconosciuto  dalla  stessa  Consulta  (v.  Corte  costituzionale  26
 giugno-2  luglio  1990,  n.  313, pres. Saja, rel. Gallo, in Gazzetta
 Ufficiale, prima serie speciale, 1990,  n.  27,  pagg.  9  e  segg.),
 effettua " ... una importante partecipazione ( ..) all'indagine sulla
 responsabilita'  ...",  intesa  ad  un  " ... accertamento diretto ad
 escludere che sussistano, acquisiti gli atti, elementi che negano  la
 responsabilita'  o  la  punibilita'  ...",  si'  che  "  ... anche la
 decisione di cui all'art. 444 del proc. pen., quando non e' decisione
 di  proscioglimento,  non  puo'   prescindere   dalle   prove   della
 responsabilita'  ...".  Donde desumesi che, laddove risultino violate
 le  prescrizioni   compartimentali   consustanzianti   il   contenuto
 precettivo   di   sanzioni   sostitutive   comminate   in   esito   a
 patteggiamento ex att. 444 e segg. del c.p.p., dovra' procedersi alla
 stregua del disposto dell'art. 66 della legge 24  novembre  1981,  n.
 689,  ovverosia alla conversione della sanzione sostitutiva (rectius:
 della restante parte della stessa) nella pena detentiva sostitutiva.
    Cio'  detto,  appare  d'uopo  premettere   all'esposizione   delle
 motivazioni  sottese  all'apprezzamento di un fumus di illegittimita'
 costituzionale della normativa di disamina un breve esame del  merito
 della  fattispecie  oggetto  di valutazione, inteso all'apprezzamento
 della  rilevanza  della  prospettanda  questione  di   illegittimita'
 costituzionale.  Non  puo',  invero,  dubitarsi  della materialita' e
 della  riconducibilita'  alla   volontarieta'   del   Gentili   della
 violazione  alla  prescrizione di rientro serale in istituto di pena,
 verificatasi  in  data  14 agosto 1991: circa l'elemento materiale fa
 piena fede del verificarsi  dell'infrazione  contestata  il  rapporto
 disciplinare  redatto in data 14 agosto 1991 dal personale di polizia
 penitenziaria operante presso la casa circondariale di Ascoli  Piceno
 (v.  fascicolo di esecuzione della sanzione sostitutiva, in atti); lo
 stesso atto testimonia, altresi', della mala voluntas del  condannato
 circa la violazione prefata: si rammenti, infatti, che il Gentili non
 seppe ovvero non volle fornire, al personale di polizia penitenziaria
 della  casa  circondariale di Ascoli Piceno, spiegazione alcuna circa
 la cagione del ritardo, ammontante  a  circa  un  quarto  d'ora,  nel
 rientro  in  istituto  di  pena  (v. rapporto disciplinare in data 14
 agosto 1991, gia' menzionato). Cio' stante, non puo' che  concludersi
 di   essere  in  presenza  di  una  trasgressione  agli  obblighi  di
 semidetenzione,  tale,  per  la  sua  piena   riconducibilita'   alla
 volontarieta' dell'agente e per l'assenza di cause di non punibilita'
 ovvero  di  giustificazione,  da dover comportare, alla stregua delle
 vigente legislazione,  la  conversione  della  restante  parte  della
 semidetenzione  nella  pena detentiva sostituita. Cio' detto, ai fini
 che ne occupano, risulta superfluo attardarsi anche nella trattazione
 del merito della contestata violazione all'obbligo di rientro  serale
 verificatasi in data 27 agosto 1991.
    Recita  testualmente  l'art.  66,  primo  comma,  della  legge  24
 novembre 1981, n. 689:  "Quando  e'  violato  anche  solo  una  delle
 prescrizioni   inerenti   alla   semidetenzione   o   alla   liberta'
 controllata, la restante parte della  pena  si  converte  nella  pena
 detentiva  sostituita".  Il  tenore  letterale  della  norma poc'anzi
 richiamata  sembra   istituire   in   capo   alla   magistratura   di
 sorveglianza,  competente, ai sensi del disposto del successivo terzo
 comma dell'art. 66 della legge n. 689/1981, alla valutazione inerente
 alla  proposta  di   conversione,   una   discrezionalita'   limitata
 esclusivamente   al   vaglio  della  sussistenza  degli  elementi  di
 colpevolezza   del   condannato   in   relazione   alla    contestata
 trasgressione:  e'  vero,  altresi',  che,  in epoca pregressa, si e'
 dibattuto circa la sussistenza di un piu' ampio potere  discrezionale
 della  magistratura  di  sorveglianza,  tale da investire anche l' an
 della proposta conversione,  con  riferimento  alla  possibilita'  di
 vagliare  l'accertata violazione agli obblighi inerenti alla sanzione
 sostitutiva  in  relazione  alla  globalita'   della   condanna   del
 condannato,  onde  verificare  la possibilita' di non addivenire alla
 convenzione della sanzione sostitutiva (rectius, della restante parte
 della stessa) allorche', pur in  presenza  di  una  trasgressione  al
 prescrizionale  di  comportamento,  la condotta del condannato non si
 fosse presentata, nella sua globalita', incompatibile con l'ulteriore
 prosecuzione dell'esecuzione della sanzione sostitutiva. La questione
 nasce dalla dinamica del testo dell'art. 66 della legge n.  689/1981,
 il  quale,  al  terzo  comma,  recita: "Il magistrato di sorveglianza
 trasmette gli atti alla sezione di  sorveglianza  (ora  tribunale  di
 sorveglianza), la quale, compiuti, ove occorra, sommari accertamenti,
 qualora ritenga doversi procedere alla conversione prevista dal primo
 comma,  provvede  con ordinanza ..": piu' precisamente, l'inciso " ..
 qualora ritenga doversi procedere alla  conversione  ..",  unitamente
 alla  considerazione  inerente  la  mera eventualita' di accertamenti
 riguardanti le denunziate  trasgressioni  ("  ..  ove  occorra  .."),
 sembrerebbero  confliggere  con  il draconiano tenore del primo comma
 dello  stesso  testo  di  legge  in disamina, laddove e' predicata la
 conversione della sanzione sostitutiva "Quando e' violata anche  solo
 una  delle  prescrizioni inerenti alla semidetenzione o alla liberta'
 controllata ..", ed indurrebbero a propendere per la sussistenza,  in
 capo   al   competente   tribunale  di  sorveglianza,  di  un  potere
 discrezionale di valutazione.  Orbene,  ritiene  questo  collegio  di
 poter accedere alle conclusioni enunziate da autorevole dottrina e da
 avveduta  giurisprudenza  di  merito (v.   sez. sorv. Milano, ord. n.
 925/85 r.g., 8 ottobre  1985,  pres.  Maisto,  est.  Giacardi,  cond.
 Bernasconi,  inedita), secondo cui l'antinomia denunziata e' soltanto
 apparente e l'inciso summenzionato, rettamente  inteso,  non  vale  a
 fondare  un  potere  di  valutazione  discrezionale  del tribunale di
 sorveglianza  in  ordine  alla  possibilita'  di  non  convertire  la
 sanzione  sostitutiva  pur  in  presenza di violazioni, in se' stesse
 considerate   compatibili   con   l'ulteriore   prosecuzione    della
 semidetenzione   ovvero   della   liberta'   controllata,  bensi'  ad
 individuare  e  delimitare  la  sfera  cognitiva  del  tribunale   di
 sorveglianza  relativamente all'accertamento dell'elemento materiale,
 di quello psicologico della trasgressione contestata,  nonche'  della
 sussistenza  di  eventuali  circostanze scriminanti del comportamento
 del condannato. Pertanto, laddove risultino accertati la  commissione
 di   una   trasgressione   da   parte   del   condannato   sottoposto
 all'esecuzione di una sanzione sostitutiva  nonche'  l'ascrivibilita'
 della  stessa  alla  colpevole  volonta' del predetto, la conversione
 dovrebbe  conseguire  automaticamente  al  vaglio  giudiziale.   Tale
 disciplina   appare,   secondo  l'opinione  di  questo  collegio,  in
 contrasto con alcuni rilevanti principi costituzionali.
    L'impossibilita'  di   un   esercizio   di   un'ampia   sfera   di
 discrezionalita',   da  parte  della  magistratura  di  sorveglianza,
 investente la rilevanza delle trasgressioni al  contenuto  precettivo
 delle  sanzioni sostitutive, inflitte alla stregua del disposto degli
 artt. 53 e segg. della legge 24  novembre  1981,  n.  689,  l'assenza
 della  potesta'  di  operare  un  giudizio  di contemperamento tra la
 contestata violazione ed il carico afflittivo globale della  sanzione
 sostitutiva,  nonche' tra l'entita' della trasgressione e la condotta
 del condannato, unitariamente considerata, induce a concludere che la
 semidetenzione ovvero la liberta' controllata, irrogate  in  sede  di
 cognizione  alla  stregua  degli  artt.  53 e seguenti della legge n.
 689/1981, costituiscano un complesso sanzionatorio  ispirato  ad  una
 mera   tensione  retributiva  ovvero  afflittiva,  con  obliterazione
 pressoche' totale di ogni valenza rieducativa. Il giudizio  che  pre-
 cede  si  rafforza alla luce della considerazione che, ai sensi e per
 gli effetti del disposto dell'art. 67 della legge 24  novembre  1981,
 n. 689, "l'affidamento in prova al servizio sociale e l'ammissione al
 regime  di  semiliberta' sono esclusi per il condannato in espiazione
 di pena detentiva per conversione effettuata ai sensi del primo comma
 dell'articolo precedente".
    Si  rammenti,  a  tal  proposito,  che  le  sanzioni  sostitutive,
 introdotte dal legislatore del 1981, dovevano assolvere alla funzione
 di  ovviare  agli  inconvenienti  che le pene detentive brevi, con il
 loro potenziale di stigmatizzazione e desocializzazione,  costituente
 dato  di  comune  e  salda  acquisizione  tra gli studiosi di diritto
 penale, di diritto penitenziario e di criminologia,  erano  idonee  a
 provocare.  Se  e'  vero che il finalismo rieducativo non trova largo
 ambito  di operativita' nel momento della scelta tra l'irrogazione di
 una pena detentiva e l'inflizione di una sanzione  sostitutiva,  come
 sostenuto  da  autorevole  dottrina,  non  puo', peraltro, sottacersi
 dell'espresso disposto legislativo (art. 58, primo comma, della legge
 24 novembre 1981, n. 689), secondo  cui  il  giudice  di  cognizione,
 nella  selezione  tra  diversi  tipi  di  sanzione  sostitutiva, " ..
 sceglie quella piu' idonea al reinserimento sociale  del  condannato"
 (chiaro  indizio  di  una  voluntas  legis orientata nel senso di una
 personalizzazione  della   tipologia   sanzionatoria   in   disamina,
 finalizzata al reinserimento sociale del reo). Ancora, si tenga conto
 della  circostanza  che  la disciplina concreta della semidetenzione,
 sanzione de qua agitur nella fattispecie soggetta all'odierno  vaglio
 di  questo collegio, deve essere improntata a parametri operativi che
 tengano conto delle " .. comprovate esigenze di lavoro  o  di  studio
 del  condannato" (art. 55, primo comma, della legge 24 novembre 1981,
 n.  689).  Il  finalismo   rieducativo   non   puo'   non   rivelarsi
 consustanziale  anche  alle  sanzioni  sostitutive  di pene detentive
 brevi,  che',  altrimenti  opinando,  si  giungerebbe  a  conclusioni
 ineludibilmente  confliggenti  con  quanto  statuito in epoca recente
 dalla stessa Consulta (v. Corte  costituzionale  26  giugno-2  luglio
 1990,  n.  313,  pres. Saja, rel. Gallo, in Gazzetta Ufficiale, prima
 serie speciale, 1990, n.  27,  pagg.  9  e  segg.),  secondo  cui  il
 doveroso  ossequio al principio di polifunzionalita' della pena, lato
 sensu intesa, non  puo'  condurre  alla  svalutazione  del  finalismo
 rieducativo  in  favore  dello  scopo retributivo ovvero di quello di
 prevenzione generale:   " ..  in  uno  Stato  evoluto,  la  finalita'
 rieducativa non puo' essere ritenuta estranea alla illegittimazione e
 alla funzione stesse della pena".
    Viceversa,  il rigido meccanismo della conversione di cui al primo
 comma dell'art. 66 della legge n. 689/1981, improntato a parametri di
 automaticita',  appare  consentaneo   ad   un   principio   di   mera
 retribuzione,   tale   da   porre   in  secondo  piano  il  fine  del
 reinserimento sociale del reo, sin quasi a pervenire  ad  una  totale
 obliterazione  dello  stesso:  la  conversione nella pena sostituita,
 nell'ipotesi di violazione anche di una soltanto  delle  prescrizioni
 costituenti  il  contenuto precettivo della sanzione sostitutiva, non
 consente alla magistratura di sorveglianza un giudizio inteso ad  una
 valutazione    complessiva   della   condotta   del   condannato   e,
 conseguentemente, osta all'apprezzamento di tutte le circostanze,  le
 quali,  al  di  fuori  di quelle costituenti cause di non punibilita'
 ovvero   di   giustificazione,    relativamente    alla    contestata
 trasgressione,  consentirebbero,  pur  in  presenza  di  un'accertata
 violazione, alla stregua delle anzidette considerazioni, di  vagliare
 il  comportamento  del condannato siccome sostanzialmente compatibile
 con   l'ulteriore   prosecuzione   dell'esecuzione   della   sanzione
 sostitutiva   (semidetenzione   ovvero  liberta'  controllata):  tale
 conclusione induce, altresi', la considerazione inerente  al  maggior
 rigore  valutativo  che  deve fungere da guida alla valutazione della
 magistratura  di  sorveglianza  relativamente  al   procedimento   di
 conversione  delle  sanzioni sostitutive rispetto a quello sotteso al
 giudizio inerente alla proposta di revoca  delle  misure  alternative
 alla   detenzione   (affidamento   in   prova  al  servizio  sociale,
 semiliberta', detenzione domiciliare), il quale prevede espressamente
 un'opera   di   vaglio   intesa    a    scandagliare    l'atteggiarsi
 comportamentale  del condannato nel suo complesso, onde stabilirne la
 compatibilita' e la rispondenza agli intenti di risocializzazione. Il
 contrasto della disciplina prevista  dal  primo  comma  dell'art.  66
 della legge 24 novembre 1981, n. 689, con il parametro costituzionale
 fornito  dal  terzo  comma  dell'art. 27 della Costituzione appare di
 tutta evidenza, laddove la normativa in disamina  prevede  un  rigido
 automatismo   nel   procedimento   di   conversione   della  sanzione
 sostitutiva, nel senso di limitare la discrezionalita' valutativa del
 tribunale di sorveglianza al riscontro dell'elemento materiale  e  di
 quello  psicologico  della contestata violazione alla prescrizione di
 condotta, alla sussistenza di eventuali cause di non punibilita'  e/o
 di  giustificazione,  impedendo,  peraltro, di giudicare la rilevanza
 della  trasgressione  accertata  in  relazione  al  concreto   carico
 afflittivo  della  sanzione irrogata ed alla complessiva condotta del
 condannato.
    La normativa di cui al prefato art. 66  della  legge  n.  689/1981
 presenta,  peraltro,  a  giudizio  di  questo  collegio  un ulteriore
 aspetto di incostituzionalita': si ponga mente  al  tenore  letterale
 della  norma richiamata, laddove e' espressamente sancito che "Quando
 e'  violata  anche  solo  una  delle   prescrizioni   inerenti   alla
 semidetenzione  o  alla liberta' controllata, la restante parte della
 pena si  converte  nella  pena  detentiva  sostituita":  il  problema
 interpretativo  posto  dal  disposto  legislativo  poc'anzi enunciato
 concerne il significato da attribuire  all'espressione  "la  restante
 parte  della pena" in relazione all'individuazione del dies a quo dal
 quale far decorrere l'efficacia della conversione.
    Torna utile, giunti a tal punto della trattazione, rammentare  che
 questo stesso collegio ebbe gia' ad investire la Corte costituzionale
 di  questione  analoga,  inerente al disposto di differente norma, id
 est dell'art. 108 della legge 24  novembre  1981,  n.  689  (ord.  n.
 492/89  Conv.  M.S.,  15 febbraio 1990, pres. Galassi, est. Semeraro,
 cond.  De  Santis):   il   predetto   provvedimento   muoveva   dalla
 constatazione  del  manifestarsi  di  una  duplicita' di orientamenti
 esegetici,  affermati,  in  maniera  confliggente,  dalla  Corte   di
 cassazione,  l'uno sostenente la necessita' di individuare il momento
 di  decorrenza   dell'efficacia   della   conversione   di   sanzioni
 sostitutive    nel    giorno    di   commissione   della   violazione
 comportamentale  (con  conseguente  possibilita'  di  far  retroagire
 l'efficacia della conversione suddetta nella fattispecie di pronunzia
 verificantesi  allorche'  l'esecuzione  avesse gia' avuto termine; v.
 Cass., sezione sesta, 16 ottobre 1985, pres. Di Gennaro, rel. Aliano,
 cond. Degli Innocenti, in Cass. pen.,  1987,  m.  378,  pagg.  565  e
 segg.),  l'altro predicante l'opportunita' di ravvisare il termine di
 efficacia della conversione di sanzioni sostitutive  nel  momento  di
 determinazione    giudiziale    della    stessa    (con   conseguente
 impossibilita' di procedere a  conversione  nell'ipotesi  in  cui  la
 pronunzia  della  magistratura  di  sorveglianza intervenga allorche'
 l'esecuzione della sanzione sostitutiva abbia gia' avuto termine;  v.
 Cass.,  sezione  prima,  19  febbraio 1987, n. 473, pres. Piccininni,
 rel. Pallara, ric. Cucinotta),  al  fine  di  denunziare  il  preteso
 contrasto  di  entrambi i suddetti orientamenti con vari parametri di
 riferimento costituzionale. La consulta si  espresse  dichiarando  la
 manifesta  infondatezza  della  sollevata questione di illegittimita'
 costituzionale (v.  Corte costituzionale ord. 11 luglio-27  settembre
 1990,  n.  418,  pres.    Saja,  rel.  Dell'Andro) alla stregua della
 rilevazione dell'insussistenza del preteso contrasto  interpretativo,
 constatando,  invero, che il primo degli orientamenti esegetici sopra
 menzionati riguardava la conversione di sanzioni sostitutive inflitte
 ai sensi degli artt. 53 e segg.  della  legge  n.  689/1981,  siccome
 disciplinata dall'art. 66, primo comma, della stessa legge, mentre il
 secondo  concerneva  la conversione della liberta' controllata ovvero
 del lavoro sostitutivo comminati in conversione  di  pene  pecuniarie
 insolute,  alla  stregua  del  dettato  degli artt. 102 e segg. della
 legge n. 689/1981. Appare, pertanto, conseguenziale concludere che la
 prefata pronunzia della Consulta costituisca  autorevolissimo  avallo
 alla  tesi secondo cui, nella fattispecie di conversione, conseguente
 a  violazione  delle  prescrizioni  comportamentali,  delle  sanzioni
 sostitutive  irrogate  direttamente  dal  giudice  della  cognizione,
 siccome disciplinata dal primo comma  dell'art.  66  della  legge  24
 novembre  1981,  n. 689, il momento di decorrenza degli effetti della
 conversione stessa deve essere individuato nel giorno di consumazione
 della  trasgressione,  si'  che  la  parte  restante  della  sanzione
 sostitutiva,  convertenda  nella  pena  detentiva  sostituita,  sara'
 individuabile in quella residuante al momento poc'anzi  identificato,
 con  l'ulteriore  conseguenza  che, laddove la conversione prefata si
 verifichi,  in  virtu'  della  brevita'  della  sanzione  sostitutiva
 convertenda e del rispetto dei termini procedurali statuiti dal nuovo
 codice  di  procedura penale, allorquando l'esecuzione della sanzione
 stessa abbia gia' avuto termine, la conversione esplichera' efficacia
 retroattiva  (v.  Cass.,  sezione  sesta,  16  ottobre   1985,   gia'
 ricordata).
    Tale  disciplina, invero, presenta, a giudizio di questo collegio,
 aspetti di illegittimita'  costituzionale:  l'orientamento  esegetico
 sopra   rammentato,   infatti,   sembra   non  farsi  carico  di  una
 fondamentale questione, connessa in maniera conseguenzialmente logica
 all'enunziato stesso:  quid  juris,  infatti,  nel  caso  in  cui  il
 condannato,  nell'intervallo  temporale necessariamente intercorrente
 tra  la   data   di   verificazione   della   contestata   violazione
 comportamentale e la data di definizione del conseguente procedimento
 di  conversione  della sanzione sostitutiva, continui a rispettare le
 prescrizioni  inerenti  alla  semidetenzione  ovvero  alla   liberta'
 controllata?  Tale  considerazione  ripropone,  con  riferimento alla
 regolamentazione giuridica  delle  sanzioni  sostitutive,  la  vexata
 quaestio  della  scomputabilita'  dalla  pena  detentiva  residua del
 periodo di utile assoggettamento al regime lato sensu  "alternativo":
 problema  gia' posto in relazione alla disciplina dell'affidamento in
 prova al servizio sociale e della  liberazione  condizionale  e  gia'
 risolto  dalla Consulta con decisioni di contenuto conforme (v. Corte
 costituzionale 15-29 ottobre  1987,  n.  343,  pres.  Andrioli,  rel.
 Spagnoli,  Giani;  Corte  costituzionale,  17-25 maggio 1989, n. 282,
 pres.  Saja,  rel.  Dell'Andro,  Lombardo).  Orbene,  ritiene  questo
 collegio  che,  in  particolar  modo,  le statuizioni contenute nella
 seconda  delle  surrichiamate  pronunzie  possano  costituire  valido
 parametro  di  riferimento  al  fine  di  vagliare  la  non manifesta
 infondatezza  della  questione  di  legittimita'  costituzionale  del
 disposto  dell'art.  66,  primo comma, della legge n. 689/1981: a tal
 proposito,  infatti,  appare  opportuno  specificare  che  autorevole
 dottrina  ravvisa  nella  disciplina  prefata la sanzione legislativa
 della  natura  prevalentemente  (ove  non  esclusivamente) afflittiva
 delle sanzioni sostitutive irrogate, alla stregua del  dettato  degli
 artt.  53  e  segg. della legge 24 novembre 1981, n. 689, dal giudice
 della cognizione. Cio' stante, si potrebbe essere indotti ad inferire
 il  giudizio  di  conformita'  alla  normativa  costituzionale  dalla
 suddetta  natura (le sanzioni sostitutive hanno carattere afflittivo,
 ergo e' costituzionalmente legittima la disciplina della  conversione
 delle  stesse,  atta  a rafforzare la predetta natura giuridica), con
 sostanziale inversione logica dei termini di  un  corretto  ragionare
 giuridico:  e'  quanto la stessa Consulta, con perspicuo giudizio, ha
 chiaramente evitato, alla stregua di argomentate  motivazioni,  nella
 pronunzia  n.  282/1989,  relativa alla disciplina della revoca della
 liberazione   condizionale.   Piuttosto   converra',   anche    nella
 fattispecie soggetta all'odierno vaglio di questo collegio, attenersi
 ad  un  giudizio  inteso  ad  individuare,  in  concreto, la sostanza
 contenutistica delle sanzioni sostitutive,  si'  da  commisurarne  la
 disciplina  ai parametri di legittimita' costituzionale. Orbene, cio'
 detto, non si puo' non convenire circa la conclusione  che  tanto  la
 semidetenzione,  quanto  la liberta' controllata costituiscono, senza
 dubbio alcuno, limitazioni della liberta' personale del soggetto  che
 alle  stesse  risulti  sottoposto:  il  non  tener  in  conto alcuno,
 nell'eventualita'   di   conversione   delle    suddette    sanzioni,
 l'osservanza  prestata  dal  condannato  durante  il  lasso temporale
 intercorrente tra la data della contestata violazione e quella  della
 definizione  del  procedimento  di conversione integra una violazione
 del principio di proporzionalita' e di adeguatezza delle pene di  cui
 all'art.  13  della  Costituzione.  La  pena  detentiva  irrogata dal
 tribunale  di  sorveglianza,  in   sede   di   conversione,   invero,
 costituirebbe  sanzione  aggiuntiva rispetto a quella originariamente
 giudicata adeguata al  comportamento  antigiuridico  del  condannato:
 tale  duplicazione  afflittiva  confligge apertamente con le garanzie
 predisposte dal costituente a tutela della liberta' personale.
    Non ignora, peraltro,  questo  collegio  l'opinione  espressa,  in
 materia,   da   autorevole   dottrina,   secondo   cui   i  possibili
 inconvenienti derivanti, in  termini  di  lesione  del  principio  di
 proporzionalita'    e   di   adeguatezza   della   sanzione   penale,
 dall'orientamento esegetico de quo agitur possono essere fronteggiati
 mediante il ricorso al disposto dell'art. 57 della legge 24  novembre
 1981,  n.  689;  recita,  infatti,  testualmente il primo comma della
 surrichiamata   normativa:   "Per   ogni   effetto    giuridico    la
 semidetenzione  e  la  liberta'  controllata si considerano come pena
 detentiva  della  specie   corrispondente   a   quella   della   pena
 sostituita". Si sostiene, alla stregua dell'enunciata normativa, che,
 in  sede  di conversione della sanzione sostitutiva in pena detentiva
 sostituita, il tribunale di sorveglianza dovra' detrarre dalla durata
 della pena detentiva residua espianda l'eventuale periodo, successivo
 alla contestata violazione comportamentale, in cui il  condannato  si
 sia  attenuto  al  rispetto  del  contenuto precettivo delle sanzioni
 sostitutive. Tale orientamento,  invero,  piu'  che  consegnare  agli
 operatori  del  diritto  un  saldo strumento per la risoluzione della
 cennata quaestio juris non fa che spostare i termini della stessa: e'
 chiaro, infatti, che le sanzioni sostitutive, di cui agli artt. 53  e
 segg.  della  legge  n.  689/1981  (fatta  eccezione  per la sanzione
 pecuniaria),  onde  poter  essere  equiparate  alla  pena   detentiva
 sostituita   necessitano  di  un  pieno  adempimento,  da  parte  del
 condannato, delle prescrizioni alle stesse inerenti,  donde  desumesi
 che,  anche  in  tali  fattispecie, il giudizio della magistratura di
 sorveglianza e' vincolato entro i limiti di  un  rigido  schematismo,
 dal   quale   risulta   bandita  la  possibilita'  dell'esercizio  di
 qualsivoglia discrezionalita' concernente la condotta del condannato,
 nel suo complesso considerata: si aggiunga, a tal proposito,  che  la
 tesi sopra enunziata non vale a fornire decisi indirizzi operativi in
 relazione  a tutti quei casi limite, in cui, ad una aperta violazione
 delle prescrizioni di semidetenzione ovvero di liberta'  controllata,
 segue un comportamento del condannato non propriamente ne' pienamente
 inosservante, bensi' semplicemente intempestivo.
    Rebus  sic  stantibus,  ritiene  questo collegio che la disciplina
 introdotta dal primo comma dell'art. 66 della legge 24 novembre 1981,
 n.  689,  laddove  la  stessa  impone  di  convertire   la   sanzione
 sostitutiva, irrogata in sede di cognizione alla stregua del disposto
 degli  artt.  53  e  segg.  della  stessa legge, nell'eventualita' di
 violazione di anche  soltanto  una  delle  prescrizioni  inerenti  al
 contenuto  precettivo  della  suddetta sanzione, nella restante parte
 della pena detentiva sostituita sia in contrasto con il principio  di
 proporzionalita'  e  di  adeguatezza  della  sanzione  penale, di cui
 all'art.  13  della  Costituzione,  nella  misura  in   cui   risulta
 possibile,    alla   stregua   dell'interpretazione   fornita   dalla
 giurisprudenza  di  legittimita',  far   decorrere   retroattivamente
 l'efficacia della conversione prefata.
    Sia  detto,  incidenter  tantum,  che  la prospettata questione di
 legittimita' costituzionale potrebbe, in teoria, essere superata,  in
 via  interpretativa,  ricorrendo,  in  relazione alla conversione per
 inottemperanza alle prescrizioni comportamentali inerenti a  sanzioni
 sostitutive   irrogate   in   sede  di  cognizione,  all'orientamento
 esegetico enunziato dalla  suprema  Corte  in  merito  alle  sanzioni
 (liberta'  controllata,  lavoro  sostitutivo)  comminate  in  sede di
 conversione  di  pene  pecuniarie  non   pagate,   id   est   tramite
 l'individuazione  del  momento  di  decorrenza  dell'efficacia  della
 conversione  per  inottemperanza  nel  giorno  di   definizione   del
 procedimento inteso alla conversione stessa (v. Cass., sezione prima,
 19  febbraio  1987,  gia'  citata):  anche  tale soluzione, tuttavia,
 presenterebbe,   a   giudizio   di   questo   collegio   profili   di
 illegittimita'  costituzionale,  in  quanto,  nell'eventualita', come
 nella fattispecie concreta  soggetta  all'odierno  vaglio  di  questo
 tribunale di sorveglianza, che, nelle more del procedimento inteso al
 vaglio  della  proposta  di  conversione, l'esecuzione della sanzione
 sostitutiva abbia termine, non rimarrebbe  alcunche'  da  convertire,
 si'   che   potrebbero  concretamente  prospettarsi  una  lesione  al
 principio di rieducazione del reo, di cui al terzo comma dell'art. 27
 della Costituzione, conseguente  all'evidente  depotenziamento  della
 carica  specialpreventiva  della sanzione sostitutiva (l'orientamento
 intepretativo  in  disamina,   infatti,   potrebbe   tradursi,   come
 autorevolmente   prospettato,   in   una   sorta  di  nulla  osta  al
 comportamento trasgressivo nel corso delle more del  procedimento  di
 conversione),   nonche'   un   vulnus  al  principio  di  eguaglianza
 sostanziale, sancito dall'art. 3 della Costituzione, derivante  dalla
 disparita'  trattamentale  inerente  alla  circostanza,  tutt'affatto
 indipendente dalla volonta'  del  condannato,  che  la  durata  della
 sanzione  sostitutiva  sia  tale  da  consentire la sussistenza di un
 residuo convertibile al momento  della  pronunzia  del  tribunale  di
 sorveglianza:  sia  ribadito,  peraltro,  che  in  questa sede non si
 intende denunziare l'illegittimita'  del  disposto  del  primo  comma
 dell'art. 66 della legge 24 novembre 1981, n. 689, anche in relazione
 ai  poc'anzi  richiamati  parametri costituzionali, in conseguenza ed
 alla stregua  della  particolare  corrente  interpretativa  enunciata
 dalla Corte di cassazione nella sentenza n. 473 del 19 febbraio 1987,
 sopra  menzionata:  questo  collegio  ha  ben  chiaro che l'indirizzo
 giurisprudenziale or ora richiamato trova applicazione, alla  stregua
 dell'autorevolissimo  avallo fornito dalla stessa Consulta tramite la
 succitata  ordinanza  n.  418/1990,  soltanto  nei  confronti   delle
 sanzioni (liberta' controllata, lavoro sostitutivo) applicate in sede
 di  conversione  di  pene pecuniarie insolute e non in relazione alle
 sanzioni sostitutive irrogate direttamente in sede di  cognizione  ai
 sensi e per gli effetti della disciplina di cui agli artt. 53 e segg.
 della  legge  n. 689/1981; in riferimento alla conversione, a seguito
 di inottemperanza al contenuto precettivo  di  tali  ultime  sanzioni
 sostitutive,  regolamentata  dal primo comma dell'art. 66 della legge
 24 novembre 1981, n. 689, trova applicazione, secondo  l'orientamento
 fornito   dalla  Consulta  nella  surrichiamata  ordinanza,  la  tesi
 enunziata dalla Corte di cassazione nella pronunzia resa in  data  16
 ottobre  1985,  predicante  la  possibilita' di efficacia retroattiva
 della conversione prefata, la  quale  sola,  in  questa  sede,  viene
 denunziata   di   illegittimita'   costituzionale,  nel  senso  sopra
 richiamato; il riferimento alla  contrapposta  tesi  enunziata  dalla
 suprema  Corte  nel  1987,  pertanto, assume carattere di mero obiter
 dictum,  avente  connotazione  puramente  digressiva   ai   fini   di
 manifestare  l'opinione  di questo collegio circa l'impossibilita' di
 superare,  in  via   interpretativa,   l'impasse   conseguente   alla
 delibazione   del   fumus   di  illegittimita'  costituzionale  della
 normativa de qua  agitur,  alla  stregua  del  consolidato  indirizzo
 esegetico della giurisprudenza di legittimita'.
    Cio'  detto  in  relazione  alla  non manifesta infondatezza delle
 sollevate  questioni  di  legittimita'  costituzionale,  non   appare
 opportuno  dilungarsi  oltre  misura  circa la rilevanza delle stesse
 nell'ambito del presente giudizio, sembrando palmare che dalla previa
 risoluzione delle stesse dipende in maniera conseguenzialmente logica
 l'esito del  procedimento  di  conversione  instaurato  a  carico  di
 Gentili Pietro.